Autore: Raffaele De Leonardis

  • Come scegliere il mutuo per la Casa?

    Come scegliere il mutuo per la Casa?

    Quali sono i suggerimenti per chi intende accendere un mutuo?

    Una domanda, anzi un dilemma, che spesso mi viene rivolto, dalle famiglie e in genere da chi ha necessità di credito davanti ad un momento di vita particolare, spesso in giovane età.

    Premetto che questa mia serie di suggerimenti, si rivolge particolarmente a chi intende acquistare casa.
    I mutui ed i finanziamenti aziendali (locali commerciali, capannoni, ristrutturazione di opifici ecc.) hanno dinamiche e meccanismi diversi, anche dal punto di vista legislativo.

    Quale mutuo scegliere per l’acquisto della Casa?

    Detto ciò, veniamo alla questione mutui casa per famiglie e persone fisiche.
    Gli italiani, come piuttosto risaputo, sono tra i possessori di casa più “incalliti”. La casa di proprietà è obiettivo primario degli italiani, in larga parte possessori di case (circa l’80% degli italiani ha infatti casa di proprietà). C’è dunque un numero di case, comprese seconde case, molto elevato rispetto agli standard di altri paesi europei (alcuni arrivano al 50%) e degli U.S.A dove affitto e altre forme sono più diffuse.

    Ciò comporta la presenza di un dinamico mercato immobiliare. La prima questione da affrontare, è quella di affidarsi a professionisti. Un buon consulente bancario, o un notaio o un avvocato immobiliarista.
    Questo perché prima di affrontare un passo che solitamente diventa l’investimento più importante della famiglia, è necessario avere le idee chiare su aspetti spesso sottovalutati.

    L’indebitamento, il carico fiscale (in atto d’acquisto e successivo), le spese accessorie (se si pensa anche a ristrutturazioni o si ricorre ad agenzie immobiliari ecc.), sono tutti aspetti importanti, che spesso si rischia di sottovalutare.

    Anche consigli sull’eventuale inserimento di un garante o l’accesso a forme di agevolazione può essere un utile frutto dell’utilizzo di assistenti qualificati.
    Ci si lascia prendere dall’entusiasmo/necessità di un immobile, cui però andrebbe dato il giusto peso nell’ambito di una pianificazione familiare più ampia. La stessa scelta se acquistare un immobile come prima o seconda casa, con o senza spese aggiuntive di ristrutturazione può cambiare l’intera portata dell’operazione.

    Mutuo Casa: tasso fisso o variabile?

    Fatta questa premessa, vediamo gli altri aspetti importanti. Ovviamente il tasso ha spesso un ruolo determinante nella scelta. Siamo in una fase storica in cui i tassi sono bassi come non mai. Per mutui non troppo lunghi andrebbero probabilmente bene sia tassi fissi (comunque oggi molto inferiori rispetto ai decenni passati) che variabili.

    Man mano che la durata si allunga, può diventare più saggio cercare tassi fissi (ma vanno approfonditi gli spread di partenza) o meglio ancora, tassi misti o variabili con rata costante. Come si vede dunque, esistono diverse soluzioni, è ancora una volta è ideale cercare di farsi assistere, dal referente bancario o immobiliare.

    Insomma, per usare una metafora banale ma efficace, l’offerta dei mutui è paragonabile ad una boutique in cui esistono diversi modelli standard tra cui scegliere, ma è comunque consigliabile farsi prendere le misure per adattare il vestito alle proprie esigenze. E quindi farsi assistere da un buon sarto, o comunque un esperto della struttura del mondo del credito.
    Redditi, tassi, tipo di rata, ecc. sono variabili che spesso hanno valenza soggettiva e non oggettiva.

    Altro aspetto importante che suggerisco di valutare è la sostenibilità del mutuo per una famiglia. Spesso, pur di acquistare la casa dei sogni o un’occasione oggettivamente appetibile, alcuni acquirenti rischiano di effettuare il famoso “Passo più lungo della gamba”. Cioè sottoscrivere mutui con rate ai limiti della loro sostenibilità. In quei casi (spesso, nella mia esperienza è capitato per esempio con ristrutturazioni in cui costi lievitavano nell’iter lavorativo) basta un imprevisto per creare grosse difficoltà alla famiglia col mutuo sulle spalle, o azzerare la liquidità per altri investimenti altrettanto importanti.

    In genere il suggerimento è di affrontare il mutuo solo se la rata non va oltre il 30/40% del reddito netto familiare. Ed allo stesso tempo è consigliabile pensare ad un mutuo solo se si chiede una cifra inferiore all’80% dell’immobile acquistato.

    La sostenibilità della rata, di fronte a possibili imprevisti, momenti di difficoltà finanziaria ecc., è aspetto chiave della pianificazione di un mutuo. In molti casi è meglio attendere o studiare meglio il tipo di contratto, anche col rischio di scegliere la seconda opzione, tra le proprie preferenze.
    In quest’ambito, quello cioè della protezione e sostenibilità del proprio debito, c’è un altro aspetto importante e spesso sottovalutato: la difesa della capacità di produrre reddito.

    Mutuo Casa: quali altre spese considerare?

    Nella richiesta di un mutuo il pensiero di chi lo richiede si focalizza sulla rata, alla ricerca, come ovvio, della rata più bassa e più comoda rispetto al proprio reddito.
    Come detto esistono molti tipi di rate, ed esistono altri costi che vanno affrontati nell’erogazione del mutuo: notaio, tasse, costi accessori di perizia, ecc...
    Migliaia di euro, che il sottoscrittore del mutuo cerca sempre di ridurre al minimo.

    In questa ricerca, spesso si commette un errore fondamentale: considerare il costo delle coperture assicurative come un fastidio.
    Invece le coperture sui rischi di non rimborsare il mutuo sono costi necessari, per una corretta pianificazione.
    Ho visto diverse famiglie preferire rate più basse, di 15 o 20 euro, rinunciando però a coperture contro rischi che avrebbero (e in alcuni casi hanno effettivamente) colpito la stabilità finanziaria della famiglia stessa.

    Come è noto, la polizza per scoppio e incendio dell’abitazione è obbligatoria nell’accensione di un mutuo. Ma, ahimè, sono certo che molti sottoscrittori, se non fosse obbligatoria, ne farebbero sicuramente a meno, giocando una partita a dadi col destino. La copertura contro lo scoppio e l’incendio è obbligatoria e tutela soprattutto la banca che ha erogato il mutuo (perché con l’immobile distrutto da un incendio, l’ipoteca a tutela del mutuo avrebbe un valore praticamente azzerato).

    Le altre coperture non sono però obbligatorie e quindi spesso evitate. Cosa succede quando il portatore di reddito di una famiglia con mutuo o debiti sostanziosi ha un problema serio di salute? Cosa accade ad una famiglia in caso di premorienza di uno dei portatori di reddito o della perdita del posto di lavoro?

    In molti casi gli intestatari del mutuo preferiscono risparmiare le poche decine di euro di queste coperture (che garantirebbero l’estinzione parziale o totale del mutuo in caso di un imprevisto) per avere meno impegni mensili o una durata inferiore. O addirittura snobbano le banche che richiedono obbligatoriamente la sottoscrizione delle suddette polizze.

    Scelta Mutuo Casa: i consigli finali

    In sintesi posso dire che nella scelta dei mutui, oltre ad una attenta analisi delle proprie esigenze e delle proprie possibilità, è necessario sforzarsi di non cercare risposte semplicistiche a problemi complessi.

    Cercare solo il tasso più basso, o peggio, la rata più bassa sul mercato, non è garanzia di nessun tipo di qualità, anzi spesso nasconde qualche insidia.

    E’ opportuno anche valutare se l’acquisto di una casa, ove non indifferibile, possa essere pianificato tra qualche mese, dopo la fasi cicliche di crisi (pandemia, guerre, inflazione, tassi d’interesse elevati, ecc…) per ottenere condizioni migliori o acquistare a prezzi stabilizzati.
    Va detto, che allo stesso modo, oggi potrebbero esserci case vendute a prezzi molto più bassi del valore di qualche mese fa, per situazioni economiche particolari di alcuni soggetti.

    Riassumendo, per chi si approccia alla richiesta di un mutuo, il punto di partenza deve essere l’analisi delle proprie reali esigenze e possibilità reddituali. Meglio fare queste valutazioni con l’assistenza di professionisti e banche specializzate (a proposito, chi si rivolge a siti e prospetti ottenuti online rischia di scoprire molti aspetti nascosti dell’operazione solo a tragitto già avviato).
    Ciò dovrebbe garantire l’adeguata assistenza nel processo di costruzione del mutuo.

    Dopo di che è sempre opportuno cercare soluzioni quanto più personalizzate rispetto alle proprie esigenze oggettive e soggettive.

    Infine, nel costruire il mutuo, è necessario prevedere tutte le coperture che tutelino contro gli imprevisti, considerando anche la lunghezza media di un contratto di mutuo, spesso ventennale o ultra ventennale.

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  • Emergenza Covid19: Cosa aspettarsi dal 2021

    Emergenza Covid19: Cosa aspettarsi dal 2021

    Autunno 2020 e covid19: prospettive economiche in Italia

    Siamo nell’ultima parte di questo anno, il 2020, che passerà alla storia, praticamente per un unico evento, al quale tutto il resto delle nostre vite è stato correlato.

    Parlo ovviamente dell’emergenza sanitaria Covid19.

    Nel momento in cui scrivo, sono appena stati annunciati i nuovi contenuti dell’ennesimo DPCM (i decreti urgenti che in fase di emergenza permettono di al Capo del governo, di disporre rapide misure in tema di contenimento del contagio).

    Allo stesso tempo, il Governo sta per presentare la nuova manovra finanziaria, che entro dicembre sarà approvata per disegnare l’architrave del bilancio dello stato del 2021.

    Cosa cambia per l’economia italiana dopo gli ultimi DPCM?

    I numeri della pandemia in Italia ed Europa sono drammaticamente precipitati verso valori assoluti che definiamo per brevità da “seconda ondata”.

    Diventa complesso e per certi versi inutile, cimentarsi con previsioni di lungo termine, sull’andamento della situazione sanitaria, e quindi economica. Numeri, situazioni, scelte politiche, discendono da valutazioni di breve periodo, se non addirittura quotidiane.

    Sapevamo, già dai tempi della fine del lockdown, che la situazione sarebbe stata monitorata in base agli andamenti della pandemia, almeno fino all’arrivo di cure efficaci, tra cui gli agognati vaccini che si attendono come la terra promessa.

    Fatta questa premessa, cosa aspettarsi dall’economia italiana in questo ultimo scorcio del 2020 e dal 2021?

    Quali settori economici soffriranno ancora in Italia durante l’Autunno?

    La grande differenza tra le vecchie le nuove misure, è sicuramente una maggiore tutela del lavoro e della scuola. Nessun lockdown generalizzato, nessuna chiusura plurisettoriale massiccia, nessun intervento sulla fruizione scolastica.

    Quindi per bar, ristoranti, palestre (per ora), estetisti ecc. non ci sono chiusure, ma riduzioni di orario e applicazione più stringenti di misure di prevenzione (es.: la necessità di servizio al tavolo per poter operare con la clientela dopo determinati orari, o la verifica dei protocolli per le palestre al chiuso).

    Anche per cinema, teatri e spettacoli in genere, già duramente provati da riduzione degli utenti e aumenti di costi per sanificazioni e procedure di sicurezza, il panorama resta lo stesso degli ultimi mesi. Il settore scolastico e universitario, sarà risparmiato da chiusure onnicomprensive, salvo situazioni locali particolari (per esempio in Campania il governatore De Luca è intervenuto per imporre la sospensione dell’utilizzo delle sedi scolastiche fino al 30 ottobre, altre Regioni potrebbero comportarsi in maniera analoga).

    I problemi della fruizione scolastica sono legati più che altro al sovraffollamento dei mezzi del trasporto pubblico, che sarà monitorato e indirizzato con interventi mirati verso la maggiore flessibilità oraria. Il resto dei settori continuerà ad operare come negli ultimi mesi, con una ulteriore, ove possibile, agevolazione di smart-working e tele lavoro.

    Va da sé che, tutto sommato, il principale settore in sofferenza anche nella parte finale del 2020 e ad inizio 2021 sarà ancora quello dei viaggi e del turismo (compreso il turismo legato al lavoro e agli affari). Sagre, fiere, spettacoli, convegni, feste di piazza, sono proibiti sine die.

    Inoltre in diverse aree e paesi del mondo la situazione è simile o persino peggiore che in Italia, e l’Italia è il secondo paese in Europa per numero di turisti annualmente ospitati.

    E’ questo il conto più drammatico da pagare nei prossimi mesi. Meno presenze, meno viaggi, meno convegni, meno servizi di trasporto e pernottamento. Le aziende e gli operatori del settore, dai vettori aerei alle guide turistiche, da albergatori a fornitori di aeroporti, hotel, fino alle ditte di noleggio e servizi al turismo in genere, soffriranno a lungo.

    In ambito prettamente pugliese, c’è un ulteriore settore in grave sofferenza, che si spera possa terminare nei prossimi mesi. Banchetti e matrimoni, un segmento dell’economia solitamente molto attivo e dinamico, sono in fase di ristagno, per le restrizioni numeriche che hanno portato a riduzioni, rinvii o addirittura cancellazioni di centinaia di eventi.

    In tempi di pandemia, programmare feste e matrimoni è esercizio che molte famiglie e coppie stanno rimandando a tempi migliori.
    Cosa aspettarsi dunque dal futuro prossimo e dal 2021? Per usare un termine in auge, resilienza. Resistere, ove possibile, ma con una capacità mentale di adattarsi rapidamente ed elasticamente alle quotidiane (e non necessariamente piacevoli) novità, ai cambiamenti ed alle avversità.

    Programmare in senso assoluto sarà difficile, perché sarà l’andamento dell’epidemia e della situazione sanitaria a determinare scelte e decisioni.
    In senso assoluto però, si può affermare che esistono orizzonti incoraggianti.

    In primis la frenetica ricerca scientifica che potrebbe portare al vaccino, o a miglioramenti nelle cure, in tempi rapidi rispetto ad altre analoghe situazioni pandemiche del passato. Di sicuro, passerà sia la crisi sanitaria che quella economica e mai come oggi si è investito così massicciamente nella relativa ricerca.

    Possibili scenari economici in Italia e nel Mondo per i prossimi mesi

    La fine dell’emergenza sanitaria è possibile dunque in maniera più rapida se, come sembra, entro fine anno saranno pronte le prima dosi di vaccino (per cui esistono molteplici candidati) ed entro primavera la prima diffusione della produzione e vaccinazione di massa.

    C’è un’altra situazione da monitorare con ottimismo. La manovra finanziaria prevede diversi miliardi a sostegno dell’economia, sia come “ristoro” ai settori citati poco prima (spettacolo, cultura, turismo, cerimonie), sia come incentivo verso assunzioni, investimenti, ristrutturazioni ed altri stimoli economici.

    L’ecobonus del 110% per ristrutturazioni casa, gli incentivi verdi per la sostituzione del parco auto ecc., rientrano in questo percorso che già ha portato il Pil del terzo trimestre 2020 ad un significativo “rimbalzo”.

    Il 2021 sarà anche l’anno del Recovery Fund, o in maniera più ampia, dell’avvio di una stagione importante di investimenti pubblici. La pandemia, e la conseguente recessione economica che tuttora persiste, ha accelerato il processo europeo di sblocco di denaro per investimenti pubblici. Da tempo si parla di “Green Deal” cioè accordo verde, una serie di investimenti per convertire l’economia verso scenari di sostenibilità ambientale, risparmio di risorse, ecc.

    L’emergere del problema pandemico ha accelerato questo massiccio programma, perché è evidente che iniettare liquidità nell’economia, possa stimolare la ripresa economica che sarà necessaria nel post Covid19. I fondi già stanziati, che erano però oggetto di continue contrapposizioni, sono finalmente stati messi a bilancio, ampliando gli obiettivi con quanto resosi necessario durante la pandemia (investimenti in sanità, ricerca, lotta alla nuova povertà).

    Ecco dunque che dopo il tunnel dell’emergenza sanitaria (dalla quale, fondamentalmente si uscirà solo dopo l’avvento del vaccino) si può intravedere la luce della ripresa, i cui primi passi saranno proprio le manovre finanziarie di questi mesi.

    Oltre a questa razionale previsione, è opportuno aggiungere la speranza, che le scelte e le decisioni di questi giorni, gli sforzi in ambito di ricerca, portino a risultati positivi sul controllo dell’emergenza sanitaria, primo passo verso il la crescita e lo sviluppo di produzione, scambi e commercio nazionale e sovranazionale.

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  • Recovery Fund cosa prevede e perché è così importante?

    Recovery Fund cosa prevede e perché è così importante?

    Che cos’è il Recovery Fund europeo?

    Il Recovery Fund è stato l’argomento del giorno per settimane, fino alla sua approvazione avvenuta in piena notte dopo un lungo periodo di trattative. La stessa riunione decisiva, si è protratta a Bruxelles (tra i capi di governo europeo) fino a notte fonda lo scorso 20 luglio.

    La soddisfazione di alcuni esponenti politici (tra cui il presidente del Consiglio italiano) e la lunga trafila della vicenda, lascia intendere quanto lavoro abbia necessitato l’approdo alla soluzione.
    Intanto il Recovery Fund è un piano finanziario, inserito ufficialmente nel bilancio della UE, da 750 miliardi di euro.

    Si tratta di una cifra enorme, di cui 390 mld a fondo perduto. Altri 360 sono invece i fondi che verranno trasferiti tramite prestiti nelle casse dei vari stati membri.
    Il totale è dunque pari a 750 mld. La commissione europea ha definito questa iniziativa la “Next generation UE”: un nome pomposo ed impegnativo anche per gli obiettivi che si prefigge.

    In sostanza si tratta di una enorme massa di denaro che, a seconda delle proprie caratteristiche ed esigenze, i vari stati europei potranno utilizzare per progetti di sviluppo e modernizzazione.

    Recovery fund: le condizioni del piano straordinario europeo

    Il nodo principale sulla questione era relativo alle condizioni a cui ricevere queste sostanze. Alcuni paesi (tra cui l’Italia) insistevano sulla necessità che queste risorse fossero slegate da obblighi relativi al bilancio e fossero per lo più a fondo perduto. Altri (in particolare l’Olanda), viceversa chiedevano che le risorse fossero erogate sotto forma di prestito, con diverse forme di controllo circa l’erogazione.

    In sostanza lo scontro relativo all’utilizzo di questo denaro (proveniente dai bilanci europei dei vari stati) era tutto su due binari: quanto prevedere a fondo perduto e quali controlli mettere in atto per verificare l’utilizzo del denaro.
    Finalmente si è arrivati alla sintesi di cui ho scritto poco sopra.

    Un passo importante e senza precedenti per l’Unione europea.
    Col denaro a disposizione dei vari governi, si potrà dare il via ad un piano i cui connotati somigliano molto ad altri due famosi progetti di intervento pubblico: Il piano Marshall del dopoguerra, il New Deal americano degli anni ’30 dopo la grande depressione.

    L’economia europea e la crisi innescata dal Covid19

    L’economia europea ha subito, nei terribili mesi del Lockdown e nelle conseguenze che tuttora esso comporta, uno shock economico praticamente senza precedenti. Nei mesi che verranno, è presumibile assistere ancora a chiusure e fallimenti di diverse attività, aumento di disoccupazione, situazione di insolvenza di imprese e privati, necessità di sussidi al welfare, alla sanità.

    Ebbene, come già scritto in articoli precedenti, visto che di Recovery Fund si parla da mesi, si è deciso di rispondere a questa situazione con un massiccio intervento di liquidità pubblica, per sostenere nuove attività. La costruzione di opere pubbliche, gli investimenti nel campo della Green Economy, l’informatizzazione e modernizzazione del settore pubblico e gli incentivi a modernizzazione ed investimenti di mille settori privati, ritenuti strategici.

    In definitiva si procede ad un intervento pubblico massiccio e con pochi precedenti nella storia recente, anche in termini di dimensioni.
    Questa è la risposta che la Commissione Europea in particolare, col sostegno dei governi europei, ha voluto produrre di fronte al rallentamento dell’economia causato dal drammatico impatto della pandemia.

    Visto che i consumi privati, e con essi anche gli investimenti, sono in nettissimo calo rispetto al passato, è lo Stato, che diventa “consumatore” ed investitore, acquistando beni e servizi per ammodernare il proprio patrimonio. Mettendo in circolo denaro, sotto forma di incentivi, riduzioni fiscali ecc., facilitazioni per gli investimenti.

    Con questo massiccio stimolo, diverse aziende dovrebbero colmare quel gap di comande che è scaturito dalla crisi per il Covid19 e riattivare l’offerta di lavoro. Inoltre gli investimenti permetteranno di raggiungere miglioramenti di lungo termine, utili a tutta la società. Pensiamo agli investimenti nella digitalizzazione della struttura pubblica e del lavoro agile, nel risparmio energetico. Grazie a questi investimenti, in un decennio abbasseremo di molto il costo di beni e servizi, aumenteremo il tempo libero e riusciremo a veicolare risorse verso altri settori.

    Recovery Fund: un piano espansivo e solidale per l’economia

    Questi sono i classici risultati di una manovra “espansiva” o “Keynesiana” (dal nome dell’economista che per primo elaborò questo modello anti crisi) come in gergo vengono definiti questo tipi di piani.
    Ma il passaggio è storico anche e soprattutto per un altro motivo. Il fatto che si sia ridotto il peso della parte a “prestito” rispetto a quella “a fondo perduto” è un passaggio epocale.

    In sintesi si è introdotto, seppur bilanciato da diversi paletti e passaggi di controllo, un meccanismo che si attendeva da anni.
    Molto di quel denaro è di fatto garantito dall’intera Unione europea e dal suo bilancio e NON più dal singolo paese che lo richiede. E’ come se, per semplificare, in un condominio tutti gli inquilini accettano di finanziare un mutuo per lavori di ristrutturazione, mettendo a garanzia i redditi di tutti, ricchi e meno ricchi.

    Quindi, per fare un esempio, anche l’inquilino con un reddito più basso, potrà avere quel denaro allo stesso tasso riconosciuto al ricco proprietario terriero, o a colui che ha molto risparmio in banca.
    I detrattori di questo accordo, che prevede la necessità di presentare in anticipo un dettagliato piano di intervento e di riforme, obiettano che con questo meccanismo, alcuni stati potrebbero essere costretti a piegarsi al volere della maggioranza in seno europeo quanto ai tipi di misura.

    A mio avviso è un prezzo da pagare ben volentieri. Un accordo equo ed intelligente, a patto che, ovviamente, si sia pronti a fare i sacrifici e le scelte nette che il momento richiede.
    Perché non dimentichiamo che il lato “negativo” di questo tipo di interventi (che nel breve creano occupazione, sviluppo, investimenti) è il forte indebitamento pubblico a medio termine.

    Quindi nei prossimi anni bisognerà rientrare da questo indebitamento e lo si può fare solo con risparmi di spesa pubblica, forte aumento di produttività o ricorso a tassazione ed inflazione.
    E’ opportuno augurarsi che la classe politica ed imprenditoriale che gestirà questa fase (i fondi arriveranno tra fine 2020 e 2021 e andranno restituiti nei 5 anni successivi) sia al’altezza del compito.

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  • Come investire in Borsa: cosa si intende, quali sono i rischi e le opportunità?

    Come investire in Borsa: cosa si intende, quali sono i rischi e le opportunità?

    Quali sono i suggerimenti per investire in borsa?

    Innanzi tutto vorrei chiarire cosa si intende per investimenti in borsa, perché spesso si confonde realtà con “leggenda metropolitana”.

    I titoli quotati nelle principali piazze finanziarie mondiali, rappresentano le quote delle più importanti società e aziende dei singoli paesi. In Italia, per fare degli esempi, Eni o Banca Intesa, a New York Coca Cola e Apple, ecc. Chi li acquista si assicura il diritto di ricevere i dividendi, cioè parte degli utili distribuiti annualmente da queste aziende.

    Questi titoli sono quotati tutti i giorni, e il loro prezzo varia, anche di molto, a seconda della classica variazione del rapporto domanda-offerta. Quando tanti vogliono comprare il titolo e pochi vogliono venderlo, il prezzo aumenta e viceversa.

    In teoria, quando si compra un titolo di quel tipo, si corre un rischio molto alto. Anzi, le azioni sono il titolo finanziario più rischioso in assoluto, perché il fallimento di un’azienda di cui si detengono i titoli, potrebbe azzerare il proprio investimento. Così come un forte calo degli utili previsti (come successo recentemente per i noti problemi economici post Pandemia), può far crollare il prezzo di questi titoli, perché gli investitori corrono a venderli, magari tutti nell’arco di poche ore.

    Ecco perché l’investimento azionario per la sua “volatilità” di prezzo, è l’investimento più pericoloso nel breve termine. Ci sono titoli che hanno perso il 40 o 50% in un giorno o una settimana.

    Il mercato azionario mondiale però, è anche il più redditizio sul LUNGO periodo. Un titolo azionario, mediamente, in 10 anni cresce tra il 4 e 8% annuo. Né le obbligazioni, né i depositi, hanno mai mantenuto simili record nel lungo periodo.

    Ecco dunque il primo segreto. L’azionario è l’investimento tipico per le esigenze di lungo termine: fondi pensione o esigenze previdenziali, investimenti per i figli e per le nuove generazioni, ecc.

    Perché è importante la diversificazione?

    L’altra parola magica è “diversificazione”.

    Non esiste un titolo a rischio zero. Se un cliente mi chiedesse di investire 100.000 euro in azioni dell’azienda che più ha reso negli ultimi anni (attualmente è Amazon, per intenderci) lo sconsiglierei comunque. Meglio investire 100.000 euro in 100 aziende con 1000 euro per azienda. Anche se sicuramente molte avranno performance inferiori ad Amazon.

    Intendo dire che se è vero che il singolo titolo è molto rischioso per definizione e a prescindere dai recenti risultati, è invece molto difficile che l’intera economia sul lungo periodo non abbia una crescita (nella storia economia dell’ultimo secolo non è mai successo che in un decennio l’economia mondiale non crescesse.)

    Insomma, per un piccolo o medio risparmiatore è sempre utile ricordare di “non mettere tutte le uova nello stesso paniere”. Diversificare tra i settori, tra i paesi (quando incontro clienti con 200.000 euro di titoli solo italiani consiglio subito di vendere e diversificare a livello mondiale) e tra le aziende è fondamentale.

    A tal proposito, uno strumento che permette anche con piccole cifre una ottima diversificazione, è il fondo comune di investimento.

    Cos’è il Fondo Comune di investimento?

    I fondi comuni sono una sorta di contenitore di titoli (fino a migliaia) gestiti da società professionali raccolgono ed investono il denaro di migliaia di risparmiatori, permettendo di detenere, anche con 10.000 euro investiti, migliaia di titoli in portafoglio.

    Certamente i fondi comuni, ed in genere le gestioni professionali, hanno dei costi di gestione ed ingresso, ma sostanzialmente blindano il risparmiatore contro i rischi di azzeramento o forte deprezzamento del proprio investimento. Senza contare poi, che chi fa “trading” (cioè acquista e vende titoli azionari e finanziari in autonomia) o sceglie pochi titoli, risparmia su questi costi, ma deve dedicare tempo e risorse molto superiori rispetto a chi si rivolge ad intermediari qualificati e di comprovata esperienza, per evitare rischi e sgradevoli sorprese.

    Quindi le regole principali per investire con successo in borsa sono, in ordine sparso: la gestione professionale, la diversificazione, la scelta ponderata delle cifre da investire e che si dovrà essere pronti a lasciare investiti anche per un decennio.

    L’economia reale nel lungo periodo non ha mai tradito. I risparmiatori invece hanno troppo spesso la tendenza a preferire la detenzione di strumenti di liquidità (cioè investiti a brevissimo termine) più per prudenza che per reali esigenze. Ma breve termine ed investimenti in borsa sono concetti antitetici.

    Come investire oggi in maniera intelligente?

    Aggiungerei infine, per approcciare l’investimento in borsa con intelligenza, l’utilizzo di meccanismi automatici di acquisto.

    Ci sono formule di investimento come i piani di accumulo, che permettono di entrare sui mercati periodicamente. Siccome la volatilità di questi titoli, come già visto, è molto elevata (cioè i prezzi variano molto anche tra un giorno e l’altro) può essere molto utile detenere liquidità per comprare durante un periodo di ribasso, o comprare automaticamente ogni mese per avere la possibilità di comprare a diversi prezzi. Tutti questi meccanismi sono oggi ampiamente garantiti dall’esperienza degli operatori del settore (Banche, Broker, fondi di Investimento, ecc.)

    Chi invece volesse procedere in autonomia, deve formarsi adeguatamente e, a mio avviso, mettere in conto la necessità di dedicare tempo e risorse in maniera quasi professionale.

    Il trading infatti, (l’acquisto e vendita di titoli anche in una giornata con spirito speculativo) come detto è molto più rischioso; io suggerisco sempre di guardare al risparmio e all’investimento come una forma per tutelare e pianificare le risorse non consumate. 

    L’investimento come scommessa o forma speculativa è qualcosa di molto più aleatorio e negli anni ha provocato molti danni alle famiglie ed ai risparmiatori italiani.

    La scarsa cultura finanziaria degli italiani, l’impreparazione del sistema bancario e finanziario di fronte ad alcuni eventi, e qualche scandalo passato più o meno impunito, ha portato ad una fama di pericolosità assoluta relativamente al mondo degli investimenti azionari.

    Invece nel resto d’Europa ed in Nord America, si investe con molta più fiducia e con numeri superiori (anche perché i soldi investiti in azioni permettono alle aziende più importanti di avere denaro per nuovi progetti, assunzioni, ecc.)

    Sicuramente queste forme di investimento si diffonderanno molto anche in Italia nei prossimi anni, giacché l’allungamento della vita media degli italiani, avrà bisogno di adeguate risorse investite per anni ed in economia reale per far rendere al meglio il proprio risparmio.

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  • Covid19: cosa aspettarsi dalla “Fase 2”

    Covid19: cosa aspettarsi dalla “Fase 2”

    Dal lockdown alla “Fase 2” in Italia e nel resto del Mondo

    L’Italia (e parallelamente il resto del mondo, con gradualità diverse) è entrata nella “Fase2”.

    Dopo diverse settimane di “chiusura”, le attività economiche si stanno gradualmente riorganizzando, tra mille difficoltà e perplessità. I lavoratori tornano di pari passo negli uffici; nelle prossime settimane toccherà a bar, ristoranti, musei, parrucchieri, ecc…

    Altri comparti, dal mondo dello spettacolo, al turismo, alla scuola, devono aspettare i futuri sviluppi del contagio e la messa a punto dei protocolli di sicurezza.

    Quale è il mondo che ci dobbiamo aspettare nei prossimi mesi? Come risponderà l’economia e la società alla lunga (e si spera fruttuosa in termini sanitari) convivenza col Coronavirus, per riprendersi la normalità perduta?
    Quali sono le ricette che e i consigli che le famiglie devono adottare in questi prossimi, complicati mesi?

    Fase 2 e la convivenza con il Coronavirus

    Il primo punto da sottolineare è proprio il termine convivenza. NON esiste ad oggi, il rischio zero, e non esisterà a lungo, almeno fino al vaccino (ammesso che arrivi con l’efficacia e la disponibilità che ci auguriamo). Quindi bisognerà cambiare rapidamente abitudini, come peraltro già fatto nelle settimane di lockdown.

    Tutto ciò può non essere del tutto negativo. Come ho raccontato nel mio libro (I Pilastri della ricchezza) analizzando alcuni eventi e biografie della storia economica mondiale, i cambiamenti epocali nascondono sempre opportunità per chi ha l’intelligenza e la capacità di coglierle.

    Molte aziende, hanno già raccolto la sfida dei tempi. Riconversione allo smart working, intercettamento delle nuove necessità della clientela, aggressione di nuovi potenziali settori e fette di mercato. Sul medio lungo periodo, questo nuovo mondo, porterà dei frutti a chi si è ingegnato sin da subito.

    Nel breve periodo invece, come già scritto da questa pagine, è assolutamente scontato che si vivrà una recessione tra le peggiori (se non la peggiore) dai tempi della seconda guerra mondiale.

    E’ importante però, sottolineare come questa crisi, a differenza di altre, non sia legata a fattori squisitamente economici (cali di produttività, fallimenti o distruzione di aziende, penuria di risorse) ma più precisamente demografici.

    La moderna economia globale si fonda sulla domanda. Cioè sul traino fornito da famiglie, consumatori, risparmiatori, che stimolano la produzione e il ciclo virtuoso risparmio-investimento-ricchezza. In questo momento, miliardi di individui nel mondo, hanno sospeso questo ruolo, rinunciando a viaggiare, cambiare auto o vestiti, persino a bisogni elementari come il taglio dei capelli in un salone di bellezza.

    Questo crollo della domanda (che a catena rallenta o paralizza tutto il mondo produttivo a seconda dei vari comparti) NON è strutturale. Non appena famiglie e consumatori potranno tornare ai loro normali ritmi vitali, la domanda tornerà a salire.

    Ecco perché in questa fase i governi e le autorità Bancarie centrali stanno insistendo soprattutto con misure di sostegno ai redditi ed alle imprese. L’assenza di consumi riduce la liquidità delle aziende e di alcune famiglie: farle restare in piedi nell’attesa del ritorno ai livelli precedenti è la priorità attuale.

    Fase 2: quali ricette serviranno per far ripartire l’Economia?

    Proprio perché il gap rispetto al passato, in questo caso è stato causato dalla domanda aggregata, la ripresa sarà tanto più veloce quanto questa domanda crescerà.

    Ferma restando la necessità di tenere sotto controllo la crisi sanitaria, la differenza potrà farla un’attitudine mentale, prima che economica, per il rilancio dell’economia partendo dal basso. Chi può dovrebbe sin da subito programmare una vacanza, magari nella propria regione.

    Sarà necessario pensare “local”: acquistare dal negozio di alimentari vicino casa propria, sostenere aziende del territorio con lavori di ristrutturazione, cambio di mobili o vestiti.

    E poi, man mano che si tornerà a poter usufruire di palestre, eventi sportivi, culturali, tutti dovranno sentirsi “attori” di questa rinascita, col loro entusiasmo e con la voglia di scommettere sul futuro. E’ noto come le crisi causate dalla domanda, spesso siano generate dalla previsione di minori risorse, prima ancora che ciò avvenga.

    Mi spiego meglio con un esempio: quando una famiglia, o un’impresa, teme che in futuro dovrà far fronte a spese impreviste o minori guadagni, inizia da subito, per paura o prudenza, a consumare meno, rinviare una spesa superflua, ecc.

    E’ per questo motivo che negli anni 2011-2012, nonostante una crisi strisciante, il denaro detenuto dagli italiani sui conti correnti e depositi postali è aumentato (erano gli anni del governo Monti e della crisi finanziaria globale).

    Le famiglie, temendo nuove tasse, tagli pensionistici, cali di fatturato, tennero un profilo prudente, acuendo una crisi già in atto. Sembrerà strano, ma la prima componente da stimolare nella Fase2, sarà l’ottimismo, la propensione a scommettere sul futuro: spendendo, investendo, consumando.

    Se nel breve periodo è essenziale il sostegno ai redditi ed alle liquidità, nel medio lungo periodo, cioè per programmare i prossimi 3 o 5 anni, diventa fondamentale avviare un circolo virtuoso espansivo.

    La propensione al consumo e all’investimento è il primo contributo che le famiglie italiane possono offrire alla “Fase2” e alla “Fase3”, quella del ritorno alla normalità.

    Ovviamente ci sono diverse incognite, prima di tutto sulla sicurezza sanitaria, la possibilità di tornare a pieno regime di diversi settori, ma il quadro di fondo è chiaro. Quindi una sorta di propensione all’ ottimismo e fiducia nel futuro, oggi e nelle prossime settimane conterà quanto le misure economiche.

    Naturalmente il governo italiano, al pari delle altre istituzioni politiche internazionali, può contribuire a questo scenario, con diverse misure che in gergo si chiamano “espansive”.

    Alcuni provvedimenti già contenuti o previsti nei decreti di questi giorni

    Incentivi fiscali per investire nel risparmio energetico, la ristrutturazione edilizia, l’innovazione tecnologica delle imprese.

    I buoni spesa per vacanze in Italia ed altri servizi riservati alle famiglie meno abbienti. La defiscalizzazione di investimenti in formazione e informatizzazione aziendale, l’azzeramento della burocrazia per alcune riconversioni o ampliamenti aziendali. Una nuova serie di opere pubbliche e assunzioni in diversi settori (sanità, trasporti) per garantire i nuovi standard di sicurezza e igiene.

    In sintesi dalla “Fase2” ci si deve attendere una serie di nuove abitudini che possono rappresentare opportunità importanti per le imprese e le famiglie (se affrontate col giusto spirito).

    Bisogna, parimenti, augurarsi una stagione di investimenti e consumi in forte rialzo, gettando, come si suol dire, il cuore oltre l’ostacolo della recessione in atto.

    Il mio libro: “I Pilastri della Ricchezza” acquistabile su:

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    Contatti del Family Banker: Dott. Raffaele De Leonardis
    Email: Raffaele.de.leonardis@alice.it
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  • Pandemia di Coronavirus e crisi economica: uno sguardo diverso

    Pandemia di Coronavirus e crisi economica: uno sguardo diverso

    Uno sguardo alla futura ripresa economica italiana

    L’argomento del momento, che monopolizza tutte le discussioni (e farà discutere a lungo) è naturalmente l’emergenza Coronavirus. In fase di contenimento quella sanitaria, seppur lungi dall’essere risolta. C’è un enorme problema economico finanziario che riguarda tutti i settori, anche in prospettiva futura.

    Non voglio aggiungermi al coro delle spiegazioni e previsioni sulle misure e sull’evoluzione, perché l’argomento è abbondantemente sviscerato da tutti gli organi di informazione.

    Voglio però guardare alle conseguenze della crisi e alle dolorose scelte presenti e future, con un’ottica diversa, altrettanto utile.

    Ogni Crisi nasconde anche opportunità

    Un concetto che ho più volte espresso nel mio libro di cultura e storia economica “I Pilastri della ricchezza”: ogni crisi, con le sue peculiarità e i cambiamenti forzati che comporta, nasconde anche opportunità; molte delle più importanti innovazioni di cui oggi godiamo, nascono da crisi sistemiche o soluzioni emergenziali di altre epoche.

    Iniziamo con degli esempi: gli attentati multipli dell’11 settembre assestarono un colpo devastante al settore aero-spaziale, in particolare alle compagnie aeree.

    Molte fallirono nei mesi successivi. Un settore che alcuni definirono “irrecuperabile” in quelle settimane concitate. La riorganizzazione del settore, con investimenti importanti nel campo della sicurezza e fusione di compagnie per aumento dei margini, ha portato alla nascita di nuovi sistemi organizzativi: le compagnie low cost sono nate anche a seguito di quella crisi, trascinando tutto il settore ad aprirsi ad un nuovo e più ampio mercato.

    Molti degli strumenti tecnologici che oggi usiamo (a partire dalla rete internet e la tecnologia alla base dei telefoni cellulari) nascono invece come conseguenza di ricerca militare in epoche di tensioni e guerre. La rete internet e le spedizioni spaziali sono “figli” di protocolli e sperimentazioni in ambito militare, verso le quali arrivarono molte, inusuali risorse, proprio perché si era in una fase di emergenza.

    La storia è piena di aziende che si sono sviluppate cogliendo le opportunità rappresentate da momenti di cambiamento: il fondatore della casa motociclistica giapponese Honda, sviluppò notevolmente i suoi progetti durante la seconda guerra mondiale; progetti che ebbero successo perché le motociclette, con la penuria di benzina, divennero utilissime.

    In ogni crocevia storico, i cambiamenti permettono a chi è attento alle nuove tendenze, le nuove necessità, le nuove strade da percorrere, di approfittare di spazi enormi.

    Durante le guerre mondiali del secolo scorso, decine di aziende si convertirono, spesso forzate da regimi militari o spinti da emergenze nazionali, verso nuove tecnologie, nuove produzioni, vere rivoluzioni organizzative.

    E’ così, per esempio, che grandi aziende chimiche o meccaniche, come Basf e Siemens in Germania, hanno posto le basi per diventare leader nei loro settori. Ed è così che molte donne sono diventate imprenditrici o si sono affacciate per la prima volta nel mondo del lavoro negli anni ’40, quando migliaia di uomini erano impegnati al fronte e la mano d’opera scarseggiava.

    L’attuale Crisi Economica ed i cambiamenti in atto

    Veniamo dunque al presente. Alcuni fatti.

    La sanità (sia pubblica che privata) mondiale, sta vivendo un periodo di forte pressione, che però comporta anche una riorganizzazione i cui benefici ci faranno comodo per i prossimi decenni, una volta superata l’emergenza. Le pandemie hanno da sempre provocato danni sociali ed economici: i sistemi sanitari mondiali (e i governi) hanno compreso l’importanza di dotarsi dispositivi di sicurezza, riorganizzazioni ospedaliere, strumenti di ricerca e diagnosi rapide e sicure.

    Per gli ospedali, le epidemie e la cultura sanitaria in genere, avverrà esattamente quanto già visto per gli aeroporti dopo l’11 settembre: massicci investimenti in sicurezza e conseguenti salti dimensionali.

     La notevole quantità di liquidità che sta investendo e investirà il settore, avrà grandi risvolti positivi in termini socio-economici ed occupazionali nei prossimi anni. Non escluderei che molta della ricerca di questi mesi porterà a benefici nella cura di altre malattie.

    Ancora: decine di aziende italiane ed internazionali si stanno riconvertendo. Laboratori chimici che supportano ospedali, opifici tessili che producono camici e mascherini. Piccoli imprenditori che accedono a grandi mercati producendo pezzi per respiratori.

    Stiamo vivendo in poche settimane delle accelerazioni nella digitalizzazione del paese clamorose, che in tempi normali avremmo effettuato in 10 anni! Meno burocrazia per l’accesso a documenti e richieste, anziani che imparano a fare acquisti su internet, boom dell’e-commerce, audiolibri, utilizzo di applicazioni per poter operare a distanza. Studi professionali che riescono a raggiungere in poche ore decine di clienti, quando fino al giorno prima c’era bisogno di giorni e giorni di appuntamenti fisici.

    Si calcola che circa il 60% di chi ha effettuato acquisti di beni e servizi on line in queste settimane lo abbia fatto per la prima volta!

    Quante delle (buone) abitudini che abbiamo dovuto acquisire in queste dure settimane torneranno utili alla nostra società?

    Possibilità di operare a distanza, riduzione dei costi di spostamento di migliaia di categorie (il famoso smart working)  aumento della produttività in numerosi settori, ampliamento dei servizi di grande distribuzione.

    Molte aziende che si stanno orientando alla consegna a domicilio, per esempio, troveranno dei notevoli vantaggi e in molti casi potrebbero decidere di non tornare indietro. Idem per grandi organizzazioni che potrebbero abbattere i costi del personale grazie al lavoro a distanza.

    Lo stesso avverrà in molti dei nostri rapporti sociali. Aumenteranno le possibilità di frequentare corsi a distanza, di vendere a distanza (risparmio di costi fissi importante); scuola, università, piattaforme online, aziende di intrattenimento, hanno aumentato notevolmente la loro possibilità di interagire con i loro target a distanza.

    Certo, mi si potrebbe dire, diverse aziende potrebbero non farcela e si brucerà ricchezza.

    Ma anche questo è un fenomeno di breve termine, che nel lungo termine, se ben gestito, potrebbe avere conseguenze assai migliorative.

    La ripresa economica dopo il Coronavirus

    Faccio un esempio. In questi mesi molte famiglie stanno rinviando o annullando acquisti, viaggi; molte aziende stanno trattenendo liquidità rinviando investimenti o evitando di ricorrere al debito.

    Ma non è una riduzione dei consumi legata alla mancanza di offerta, o crisi di liquidità (anzi la liquidità sui conti degli italiani è enorme e altra liquidità sarà garantita da attori pubblici, come governo e BCE).

    Semplicemente la domanda in alcuni settori è bloccata perché siamo tutti in casa: niente cinema, niente viaggi, niente parrucchiere, ecc.

    Non appena si potrà tornare ad una graduale normalità, ci sarà una riprogrammazione dei consumi. Chi non si sposa a giugno, lo farà a settembre. Chi doveva cambiare la cucina, lo farà appena possibile. Ci sarà voglia di andare due volte al cinema a settimana, anche perché usciranno più film insieme.

    Nell’attesa della fine di questa (breve) parentesi alcune realtà produttive meno sviluppate e solide, potrebbero non continuare la loro attività. Ma appena tutto ripartirà, ci saranno più consumi rispetto alle aziende in grado di assicurarle, quindi un aumento della produttività delle aziende sopravvissute, un rimbalzo importante di Pil, occupazione, investimenti (e nel frattempo il mercato sarà stato ripulito di realtà inefficienti, le quali probabilmente, stavano in piedi a fatica già prima della pandemia).

    Anche nel mondo degli investimenti finanziari, come quelli economici, i prossimi mesi rappresenteranno una finestra di opportunità. I prezzi sono bassi, perché in tutti i mercati, dall’oro alle azioni, al petrolio agli immobili, ci sono più mani che vogliono (o devono) vendere, di mani che vogliono comprare.

    Ma anche in questo caso, chi ha liquidità e pazienza, può cogliere opportunità su tanti fronti. I prezzi torneranno a salire, perché la richiesta di beni e servizi crescerà rapidamente dopo la fine della pandemia e col graduale, ma inesorabile, ritorno alla normalità. Una normalità (quella fino a gennaio scorso) fatta di produttività, consumi, investimenti in aumento. Questi progressi, passata l’emergenza, saranno anche corroborati (si spera) da uno spirito diverso: voglia di vivere, maggiore attenzione ai rapporti umani, le tematiche ambientali, la solidarietà.

    Insomma, è proprio il caso di dire, con una citazione: “Non lasciare passare questa crisi invano”.

    Ultima curiosità: tante invenzioni, intuizioni, opere d’arte e letterarie, sono nate da menti di persone costrette in isolamento per quarantena o malattia.

    Nel 1665 ai tempi della grande peste di Londra, il giovane (allora) Isaac Newton dovette isolarsi per scamparla; il morbo uccise infatti il 20% della popolazione. Fu in una villa di campagna (dove c’erano appunto i famosi alberi di melo che lo ispirarono) che pose le basi per alcune sue teorie di calcolo e varie soluzioni a problemi matematici. Una strada che avrebbe portato qualche anno dopo alla formulazione della teoria della legge di gravità.

    Cerchiamo anche noi ispirazione da questa condizione, che passerà, impegnandoci, appunto, a non farla passare invano.

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  • Pandemia di Coronavirus: quanto durerà la crisi economica?

    Pandemia di Coronavirus: quanto durerà la crisi economica?

    Pandemia di Coronavirus: quanto durerà la crisi economica?

    Domanda di difficile risposta; nel momento in cui scrivo, l’Oms ha dichiarato da pochi giorni la Pandemia. Il virus ha cioè ormai una diffusione mondiale, non è circoscritta a singole aree del mondo.

    A distanza di poche ore l’uno dall’altra si susseguono interventi e notizie su chiusure di confini nazionali, restrizioni di movimenti personali e quant’altro abbiamo imparato a conoscere in questi giorni. Dall’Europa (attuale epicentro della pestilenza) agli Stati Uniti ad altre situazioni nel mondo.

    Covid_19 e le prime conseguenze economiche

    La più immediata conseguenza di natura economica, come ho potuto scrivere anche su questo portale, è legata alla contrazione dei consumi. In particolare quelli del terziario. Un risultato ovvio e conseguente alla chiusura forzata di cinema, bar, ristoranti e molti altri esercizi. A questo aggiungo la cancellazione di eventi di ogni natura: sportivi, fieristici, congressuali. Il settore turistico, infine, è entrato in un tunnel che di fatto cancellerà una intera stagione, quella primaverile, sperando di salvare, più avanti quella estiva. Le compagnie aeree, gli operatori del turismo, i produttori di carburante, hanno davanti mesi di guadagni in picchiata.

    Fatta questa premessa, vediamo come e quando si potrà uscirne: è presumibile pensare, come avvenuto in altre crisi similari, che a distanza di pochi mesi dal picco dei contagi, i mercati finanziari e il regime produttivo possano tornare gradualmente ma costantemente ai livelli pre-crisi. D’altronde è così che è andata in occasione di epidemie simili, come Sars o influenza Suina.
    La stessa Cina, o la Corea del Sud, che hanno in questo momento invertito la curva dei contagi da Covid 19, stanno (a distanza di 50 giorni dall’inizio della loro emergenza) riattivando lentamente le attività precedentemente sospese.

    Coronavirus: contenere il contagio Mondiale da Covid_19

    A questo punto quindi, la priorità è contenere il contagio, cosa che permetterà di riattivare poi le attività e il ritorno ad una graduale normalità.

    La diffusione del virus, si arresta, banalmente, lasciandolo morire nei corpi di coloro che sono già infetti, senza dargli la possibilità di “saltare” su altri due tre o dieci corpi, avviando così il dilagamento.

    Ecco perché gli appelli alla distanza sociale, restare a casa quanto più possibile, isolarsi assolutamente in caso di sintomi influenzali ecc., diventa la priorità. Coloro che sono già stati contagiati (anche se asintomatici) in questo caso resteranno isolati, lo sconfiggeranno o saranno curati; comunque il virus finirà il suo viaggio nel loro corpo senza attaccare altri uomini.

    Tra un paio di settimane (ultimi giorni di marzo) si potranno fare i conti di questa politica di contenimento nelle varie aree di contagio.
    Se i risultati saranno incoraggianti, magari uniti a miglioramenti di natura sanitaria (cure attraverso farmaci, sperimentazione del vaccino, implementazione delle terapie intensive) si potrà iniziare a programmare l’uscita dal tunnel, ottimisticamente per fine aprile/maggio. Il resto come detto, verrà rapidamente.

    Certo in tutto questo periodo ci vorrà uno sforzo pubblico enorme: per sostenere il reddito di famiglie ed imprese, far veicolare la liquidità verso milioni di piccole e medie aziende dalle entrate azzerate o quasi, coprire gli innumerevoli ritardi nei pagamenti verso la pubblica amministrazione ecc. Insomma interventi immediati e futuri di natura pubblica, simili per certi versi a quelli utilizzati dopo le guerre.

    In sostanza quindi se è CERTO che la crisi finirà, ci sono due variabili fondamentali per sapere come e quando ci arriveremo. La prima è di natura prettamente sociale: STARE a CASA per agevolare e accelerare il contenimento e l’allungamento dei tempi di diffusione. Seconda variabile: le risposte che la politica, a livello nazionale e sovra nazionale, vorrà e potrà dare.

    Il G7 si riunisce in video conferenza proprio il 16 marzo. Poi toccherà a Banca Centrale Europea (che dovrà necessariamente cambiare la propria politica di intervento per sostenere le banche nell’opera di fornitura di liquidità per i singoli paesi). Altri attori, come Fondo Monetario Internazionale, Banca Mondiale, Commissione Europea, avranno sicuramente possibilità di intervenire. Quindi allo stato attuale, si può solo attendere e poi valutare settimana dopo settimana, quando tornare alla normalità e quali risposte a seconda della situazione, saranno decise.

    Dove investire durante la Pandemia di Coronavirus?

    In questo momento cosa fare dei propri investimenti? Dove mettere al sicuro il proprio denaro?
    Su questo tema mi sento di poter tranquillizzare circa le paure di questi giorni. Se è giusto avere paura del virus e della sua diffusione nel breve periodo, è irrazionale temere per i mercati e per l’economia sul lungo termine. Le profonde discese dei mercati finanziari delle ultime settimane, non appena sarà superata la crisi, si trasformeranno in rialzi, come sempre. Chi ha scommesso sull’economia mondiale, non ha mai perso sul lungo termine, nemmeno dopo l’11 settembre o la crisi mondiale del 2008 o dopo fallimenti di intere nazioni e settori.

    Sono state già avviate una serie di misure che daranno ossigeno ai mercati, e altro avverrà nei prossimi giorni, come sarà utile il calo del prezzo del petrolio. Quindi non siamo al crollo del sistema, né alla fine dei meccanismi di crescita economica come li conosciamo.

    Anzi, per assurdo, le statistiche e la storia dicono che, chi investe sui mercati azionari in momenti come questi, ha la possibilità di ottenere le migliori crescite di valore a distanza di 1 o 2 anni. L’umanità e l’economia non finiranno col virus, e questo rallentamento, per quanto resterà nei libri di storia e nella nostra memoria, sarà la premessa di nuovi assestamenti e nuove crescite.
    Le crisi sistemiche avvengono mediamente una volta ogni 3-5 anni e cali dei mercati fino al 30/35% per brevi periodi non sono l’Apocalisse, ma momenti di un processo generale di crescita.

    Chi invece ha bisogno, anche per l’incertezza economica delle attuali settimane, di proteggere la propria liquidità per integrare il reddito, deve lasciare i soldi sul conto corrente, perché nel breve ci sarà molta volatilità o necessità di interventi che rendono incerto anche l’andamento di titoli di stato e obbligazioni, soprattutto in presenza di tassi molto bassi. Lasciare sul conto corrente (di banche molto solide) il denaro che potrebbe servire in queste fasi.

    Investire il resto, con orizzonte verso i prossimi anni, naturalmente diversificando quanto più possibile in tutto il mondo ed in tutti i settori. Con alcune aree geografiche ed alcuni settori (si pensi ad alcune aziende farmaceutiche, all’organizzazione dello smart working) che in questo momento storico e presumibilmente nelle prossime settimane, potranno diventare oggetto di importanti investimenti per un ulteriore sviluppo socio-economico.

    Quindi, passata la crisi sanitaria, il ritorno alla vita normale sarà misurabile nell’arco di pochi mesi, e ciò dipenderà soprattutto dalla forza e rapidità delle scelte politiche dei singoli paesi e delle istituzioni internazionali (ma avere da parte liquidità per questi mesi sarà importante); mentre la crescita economica globale di lungo termine non è in discussione, a prescindere dalla profondità e durata della crisi.

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  • Coronavirus, scenari, timori e medicine per l’economia italiana e mondiale

    Coronavirus, scenari, timori e medicine per l’economia italiana e mondiale

    La diffusione del contagio da Coronavirus in Italia: quali ripercussioni ci saranno sull’economia italiana?

    Le ripercussioni ci sono già. Tralasciando il discorso prettamente sanitario e clinico, è evidente che oggi la priorità è limitare la diffusione del contagio. Le autorità politiche e sanitarie italiane, si stanno muovendo in tal senso (come già fatto in Cina e Singapore a suo tempo).

    Queste misure di contenimento però, prevedono molte limitazione alla circolazione delle persone e al mantenimento di eventi con ampi assembramenti. Di conseguenza tanto nelle (poche per fortuna) aree di focolaio, quanto nelle regioni in cui il virus circola ormai in modo evidente, l’economia sta risentendo notevolmente del calo di consumi e quindi utili per le imprese.

    Lo spiego con semplici esempi: la chiusura di bar, teatri, musei (oltre che scuole) in Lombardia e Veneto, significa abbattere milioni di euro al giorno di ricavi, delle stesse strutture chiuse, ma anche di fornitori di generi alimentari, tassisti e operatori dei trasporti. La gente circola meno nelle aree urbane e di conseguenza anche commercio, ristorazione e servizi ne risentono.

    Qual è il settore più colpito?

    Il settore più colpito in assoluto è quello del turismo e dei viaggi. In questo caso infatti, il crollo di presenze turistiche in Italia (e la cancellazione di migliaia di prenotazioni per i prossimi mesi, non solo in Veneto e Lombardia, ma persino in aree attualmente immuni al contagio come Puglia e Toscana) sta mettendo in ginocchio decine di imprese: catene alberghiere e bed&breakfast, agenzie di viaggio; persino il principale vettore di trasporto aereo (Alitalia) ha annunciato la necessità di porre in cassa integrazione migliaia di lavoratori per il calo dei volumi di affari.

    Milano e tutta la pianura padana, sono poi centro di attrazione per le diverse imprese che vi sono insediate, scuole e università ed altri poli del terziario (fiere, giornali e mezzi di comunicazione, ecc.) che creano un’altra forma di “turismo” di natura economica e formativa, che oggi è praticamente azzerato rispetto a qualche mese fa.

    A questo aggiungo altri due aspetti fondamentali: il danno di immagine che sta colpendo l’Italia (in particolare le 3 regioni del nord più colpite, che però rappresentano le più produttive dal punto di vista del Pil nazionale), vista come un luogo oggi “pericoloso” per viaggi e visite dall’estero.

    Questo comporta problemi per le nostre aziende, nel mantenere rapporti con fornitori e clienti esteri: perché diventa difficile spostarsi dall’Italia e verso l’Italia, cosa fondamentale in quasi tutti i comparti, per chi vuole mantenere rapporti d’affari con partner internazionali. Infatti la cancellazione di fiere, meeting internazionali, viaggi di tecnici italiani verso clienti esteri, è l’altro grande problema da fronteggiare oggi.

    Infine c’è il problema delle zone “rosse”. A Lodi, Piacenza ed in altre città “blindate” ci sono aziende molto importanti (anche nel comparto agricolo) che sono praticamente ferme, e la situazione potrebbe, purtroppo, estendersi ad altre aree in caso di contagio. Insomma, un vero e proprio crollo del giro di affari di milioni di euro al giorno che, si spera, si assorbirà rapidamente col superamento del picco dei contagi e la ripresa degli scambi e degli spostamenti a pieno regime.

    Cosa aspettarsi dai mercati finanziari dopo la diffusione del Coronavirus in Italia?

    Si è già assistito in questa settimana, ad un brusco calo delle borse mondiali. Come avevo già scritto qualche settimana fa in un articolo, relativo alla diffusione cinese del coronavirus, questo aspetto è abbastanza logico, ma non troppo preoccupante.

    Spiego il perché: i crolli di questi giorni (fino a -11% in alcune piazze) riflettono il probabile calo di fatturati ed utili che i mercati si aspettano dalle grandi aziende mondiali e dalle multinazionali nei prossimi mesi. Come già scritto, la diffusione del virus, comporterà limitazioni negli spostamenti a livello mondiale, la diminuzione di volumi di affari di tanti settori concatenati tra loro (viaggi, turismo, costruzioni di infrastrutture, beni di lusso, ecc e a cascata altri comparti secondari).

    Chi detiene le azioni di aziende i cui utili sono previsti in ribasso per i prossimi mesi, ha cominciato a vendere questi titoli (anche perché ci sono stati guadagni importanti negli ultimi mesi del 2019 ed era il momento di capitalizzare). Questi due comportamenti, amplificati dagli algoritmi che oggi governano migliaia dei più importanti fondi mondiali, hanno provocato una immediata corsa alla vendita dei titoli per privarsene prima delle attese discese.

    I mercati finanziari, rispondono alla prima legge del mercato, quella della domanda e dell’offerta: quando tanti vogliono vendere e pochi vogliono comprare, i prezzi crollano. Ecco spiegati i cali violenti: chi ha bisogno di capitalizzare i guadagni sta vendendo a qualsiasi prezzo, per spostarsi su beni rifugio, in attesa che passi la tempesta. Ma è già successo molte volte nella storia recente (analoghi meccanismi, per non andare troppo lontano sono scattati nel 2018 quando Trump annunciò il ripristino dei dazi internazionali), e succederà ancora. A pochi mesi dal picco dei contagi, possiamo tranquillamente ipotizzare un ritorno dell’economia (in termini di produttività ed utili) e della finanza, ai livelli precedenti lo scoppio del coronavirus, e addirittura prospettive ulteriori di crescita.

    I piccoli risparmiatori che detengono titoli (purché acquistati con orizzonti medio-lunghi), possono stare tranquilli, non è l’arrivo dell’Apocalisse, ed anzi in questi mesi potrebbe esserci momenti di acquisto di titoli di qualità molto “scontati” esattamente come avviene con i saldi di fine stagione nelle boutique dei nostri paesi. In quest’ottica, io sto personalmente programmando acquisiti di titoli (con tecniche e contromisure ad hoc per gestire le discese e con la corretta diversificazione), tanto per me, quanto per alcune delle situazioni patrimoniali che seguo personalmente.

    Economia e coronavirus: è possibile stimare per quanti mesi ci sarà un rallentamento dell’economia mondiale ed italiana?

    Si possono ipotizzare dei tempi, prendendo ad esempio quanto accaduto in occasione della diffusione della Sars o della cosiddetta influenza Suina. In quei casi, 3 mesi dopo il picco, l’economia aveva già superato i livelli pre crisi. In Cina il picco dovrebbe essere stato registrato a inizio febbraio, quindi si spera che tra Aprile e Maggio, possa già esserci un ritorno a livelli pre crisi, se non intervengono altri problemi. In Italia e in Europa, il picco potrebbe essere ancora lontano dal raggiungimento, ma in ogni caso non ci troveremo di fronte a carestie bibliche: qualche mese e poi, mi auguro, parleremo di questo virus come di un momento difficile superato con qualche ovvio sacrificio.

    Se invece i contagi nel mondo aumentassero, bisognerà attendere e valutare anche le risposte dei governi e degli organismi internazionali, per il contenimento e per le misure di sostegno all’economia. Anche in questo caso, resto comunque convinto, che da quando si sarà raggiunto il picco e avviata la discesa di contagi, basteranno pochi mesi per ritornare ad una normale crescita globale. Dal punto di vista economico-finanziario, quindi, con buona pace dei professionisti del panico (che molti danni hanno fatto in questi giorni) questa situazione non avrà la forza di modificare il normale corso ed i cicli di crescita di lungo periodo. L’economia mondiale puntualmente risponde a queste situazioni attivando anticorpi (è proprio il caso di dirlo) efficaci.

    Le singole aziende, specie in Italia, dovranno però essere sostenute dal sistema finanziario privato e pubblico. E’ ipotizzabile stimare nei prossimi mesi, l’insorgere di diversi casi di crisi aziendali, ed un calo del Pil italiano per i prossimi semestri, tra l’1 e il 3% ( e dati simili a livello mondiale in caso di diffusione pandemica). Situazione da contrastare, per ripartire subito dopo (quindi ipoteticamente dal terzo trimestre 2020) con vigore e programmazione, e riprendere, come detto, in pochi mesi la strada della crescita.

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  • Coronavirus: quale impatto sull’Economia Mondiale?

    Coronavirus: quale impatto sull’Economia Mondiale?

    Quali saranno gli impatti del Coronavirus sull’economia mondiale? Il Pil mondiale ne risentirà?

    Al momento è difficile fare previsioni certe. Nel grafico che ho allegato, c’è una importante informazione che possiamo utilizzare in premessa.

    Si tratta dell’analisi delle conseguenze sul Pil mondiale di virus ed epidemie globali di questo secolo, in particolare la Sars e la “Suina”. In quelle occasioni, furono sufficienti poche settimane dal “picco” epidemico, per raggiungere e poi superare nettamente i livelli di volumi assoluti delle più importanti economie mondiale.

    Ciò per sottolineare il dato fondamentale: non esiste crisi che possa fermare lo sviluppo; se mai può rallentarlo, ma l’attuale sistema economico globale ha diversi “anticorpi” che agiscono rapidamente quando sale qualche tipo di “febbre” cioè crisi di fiducia, liquidità, fluidità degli scambi commerciali, ecc.

    Chi parla (giustamente) di possibili ricadute negative dell’economia, dovrebbe specificare che si tratta di esiti dall’impatto evidente solo a breve o brevissimo termine.

    Il problema vero, risiederebbe semmai, nella possibile scarsa trasparenza dello stato cinese, circa l’effettiva portata del virus, la sua attuale diffusione, il reale numero di contagiati.

    Perché se è vero che poco dopo il picco del virus, l’economia cinese e mondiale avrà già assorbito il contraccolpo, non abbiamo certezze sul “quando” questo picco sarà raggiunto. Ma tale situazione è una incognita soprattutto per l’economia cinese.

    I virus e l'economia mondiale
    I virus e l’economia mondiale (Sole 24ore – JP Morgan)

    Quindi ci saranno conseguenze per il coronavirus sull’economia cinese?

    Questo è già nei fatti. Le misure di sicurezza (riduzione dei viaggi e della mobilità, chiusura di uffici pubblici, rinvio di eventi, fiere, persino feste e ricorrenze) hanno generato un rallentamento generalizzato dell’economia cinese. Sia per i consumi interni, sia per la normale dinamica di investimenti e scambi con l’estero, si prospettano settimane o mesi, di numeri in discesa. Le quantità di petrolio richieste dalla Cina da inizio anno, sono, per esempio, il 20% in meno rispetto ai periodi immediatamente precedenti.

    Anche in questo caso, per quanto più profondo e netto di quello mondiale, il rallentamento/recessione del Pil cinese, sarà rapidamente assorbito a poche settimane dal picco infettivo: che si spera e si presume, sia molto vicino nel tempo (aprile 2020).

    Il coronavirus avrà un impatto sul sistema economico italiano e sul turismo?

    Come già detto, fino a che il virus, in forma endemica, resta confinato al territorio cinese, non ci sarà da temere nessun effetto di lungo termine. Quindi sarei ottimista su questo aspetto. Il turismo italiano vive di una abbondante diversificazione, in cui la diminuzione di flussi da un singolo paese non provoca risultati clamorosamente negativi.

    Peggio potrebbe andare, sempre se il picco infettivo fosse raggiunto più tardi nei prossimi mesi, per le aziende italiane (meccanica, lusso e agro alimentare soprattutto) che concentrano fette importanti del loro export nel paese asiatico. Un segnale di come la globalizzazione che tanto temiamo e si dipinge a tinte fosche, è invece, per un paese come l’Italia, soprattutto una opportunità, vista la vocazione di qualità di molti settori della nostra industria che sono appetiti dai paesi emergenti.

    Economia e coronavirus: cosa dovremmo imparare per il futuro? Quali errori da non ripetere?

    Prima di tutto è probabile che ancora una volta l’emotività con cui media e persone non addette ai lavori affrontano queste notizie, abbia provocato più danni del fenomeno stesso. Mi spiego con un esempio: la riduzione di viaggi in oriente, persino di acquisti da negozi o ristoranti orientali, ed altre decisioni del tutto inopinate, potrebbe provocare un calo di produttività e consumi del tutto ingiustificata.

    Spesso la mancanza di fiducia è il vero motivo delle crisi, prima ancora che problemi ed eventi strutturali. Poi ci sono delle considerazioni da fare in altri ambiti. Questa crisi legata al coronavirus potrà aumentare ulteriormente la “meccanizzazione” di alcuni settori: infatti alcune multinazionali cinesi, ma anche europee e americane, stanno cercando di ovviare alla minore mobilità di operai e altre figure specializzate, con nuovi investimenti per meccanizzare imballaggi, controlli ed altri compiti solitamente affidati a uomini. La stessa diffusione di droni per raggiungere e comunicare con le zone più isolate, si sta rivelando una importante innovazione.

    Un’altra possibile lezione che si potrà imparare da questa crisi, credo spetti più alla politica (o all’organizzazione mondiale della sanità): molti dei virus che egli ultimi anni hanno avuto “mutazioni” letali, passando da animali a uomini, si sono evoluti proprio in Asia sud orientale, dove sono diffusi mercati di animali vivi, come situazioni di promiscuità tra allevamento, macellazione e consumo di carne animale da parte di comunità ad altissima densità. E’ probabile che qualche nuovo protocollo, sia sanitario che igienico, possa essere introdotto partendo da questa crisi.

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  • Analisi e previsioni mercati finanziari 2020

    Analisi e previsioni mercati finanziari 2020

    Che anno sarà per l’economia, il 2020?

    Bella domanda, in considerazione anche del fatto che è il primo anno di un nuovo decennio…Gli anni ’20 del XXI secolo cominciano in questi giorni.

    Prima di tutto, per avere una idea più chiara dello stato attuale dell’economia mondiale e italiana, va fatta una considerazione su quello che E’ STATO.

    Perché? Molto spesso le previsioni e le percezioni del presente sono ammantate di un pessimismo fuori da ogni logica. Invece ci tengo a rappresentare dei dati. Il decennio appena concluso 2010-2019 è stato il migliore della storia dell’umanità, per quello che riguarda i dati macro economici.

    Quale sarà l’andamento dei mercati finanziari nel 2020?

    Spieghiamolo meglio. In questi ultimi 10 anni anni la ricchezza mondiale (intesa come la somma di tutti i beni prodotti e consumati e i servizi scambiati e utilizzati) è aumentata fino a raggiungere il picco massimo di sempre.

    Questo aumento spettacolare di produttività, ha permesso a milioni di persone di uscire da uno stato di povertà assoluta. Si vive più a lungo in tutto il mondo, si muore meno di fame e malattia. Le probabilità di morire per catastrofi naturali in questo decennio è crollata. Anche le tematiche ambientali, che spaventano, hanno visto degli importanti passi avanti: investimenti in energie rinnovabili, aumento del riciclo e diminuzione dello spreco di risorse, sono tra i temi caldi degli ultimi anni.

    Sono aumentati, e di molto, i volumi degli scambi commerciali, le calorie pro capite consumate nel mondo, sono crollati i costi per produrre tutta una serie di beni (dai medicinali a diverse materie prime, dai computer ai servizi aerospaziali).

    Il tutto anche grazie ad una spettacolare progressione tecnologica che spesso nemmeno notiamo, perché entra nella nostra vita con uno stillicidio silenzioso e quotidiano che provoca una lenta assuefazione.

    Fatta questa premessa, che serve a dare un quadro di generale e lento, inesorabile progresso (e vi pare poco) del mondo nel suo complesso, veniamo al nuovo anno e nuovo decennio.

    Dove investire nel 2020?

    Quindi quali saranno gli andamenti dei mercati finanziari del 2020? Domanda da rivolgere a un mago più che ad un economista! Ci vorrebbe la sfera di cristallo! Scherzi a parte, spiego meglio questa affermazione e cerco di formulare delle previsioni logiche.

    Il 2019 è stato per le borse mondiali, ed anche, in maniera meno esplosiva, per il mercato obbligazionario, un anno molto positivo. Wall Street e molte delle borse mondiali sono ai massimi. Quindi, sulla base di queste considerazioni, bisognerebbe investire nell’economia reale? (quella appunto rappresentata dalle azioni quotate in borsa).

    Sì, ma con un appunto importante. Sono mercati che garantiscono rivalutazioni di lungo termine. Quindi il 2020 potrebbe essere, per vari motivi, un anno di “storni” (ribassi) alternati a crescita, proprio perché si viene da un 2019 molto positivo, ed i mercati vivono di normali e fisiologiche oscillazioni.

    Quindi se si vuole andare su mercati finanziari azionari, meglio farlo per obiettivi di investimento più lontani nel tempo e diversificando molto in tutto il mondo ed i settori. E magari utilizzare delle tecniche di ingresso frazionato. Sarei invece molto più cauto e lontano dai mercati obbligazionari (titoli di stato ed obbligazioni a tasso fisso) che oggi rendono davvero poco, perché siamo nella cosiddetta “epoca dei tassi zero”, cioè di rendimenti fissi tenuti molto bassi da governi e banche centrali.

    La situazione poi di alcuni paesi e alcuni settori, sconsigliano di puntare su singoli titoli (meglio diversificare in panieri o fondi).

    Quindi in sintesi, nel 2020 sicuramente l’azionario mondiale resta il mercato finanziario più appetibile, ma meglio se visto come un mercato dove seminare per raccogliere i frutti tra 3 o 5 anni e gestire con prudenza e diversificazione gli ingressi. Quanto ai settori singoli, anche in questo caso meglio diversificare. E’ però probabile che i settori che cresceranno di più, saranno quelli legati alle tematiche demografiche ed ambientali. Quindi settore bio-medico, quello delle infrastrutture e delle politiche degli spostamenti, energie rinnovabili e così via.

    Ipotesi di scenari e crack bancari: il sistema bancario è in fallimento?

    Per quanto riguarda l’Italia, si parla molto di scenari negativi per il sistema bancario: nel 2020 si rischiano altri crack?

    Lo scenario bancario italiano è particolare. In tutto il mondo, da metà anni duemila in poi, le rivoluzioni tecnologiche hanno abbattuto gli utili delle banche, costringendo un po’ ovunque gli istituti a rivedere i loro modelli, tagliare filiali, sostituire i servizi con software e quindi rinunciare ad alcuni ricavi.

    Dal periodo 2009-2012 si è aggiunta a questa situazione, la crisi finanziaria, che in Italia ha anche comportato moltissime insolvenze (debiti non pagati per capirci, in particolari mutui ipotecari su case per uso civile) e quindi buchi per le banche che avevano prestato soldi ai debitori insolventi.

    Un mix esplosivo; alcuni istituti hanno subito, con risolutezza, avviato ristrutturazioni interne; altri, specie quelli di dimensioni minori, non hanno avuto la stessa prontezza, né spesso i capitali e il management adeguato al contesto.

    Il sistema nel complesso è però solido, quello che ci si può attendere nei prossimi mesi e anni, è la fusione di tanti istituti minori per ottimizzare costi, sportelli sul territorio, ecc.

    Quindi meglio scegliere ancora partner affidabili per le proprie questioni bancarie e di gestioni patrimoniali, perché il sistema è in forte transizione e anche nel 2020 non sono da escludere piccole crisi aziendali locali. Questi crisi porteranno però al complessivo miglioramento del sistema.

    Quindi, anche relativamente all’Italia e al suo sistema bancario, si può essere ottimisti, a patto di agire con prudenza. Il sistema economico ed industriale italiano è ancora tra i più importanti al mondo, anche se deve agire su alcune problematiche strutturali, in primis quelle demografiche. Poche nascite, emigrazione, spesa pensionistica e sanitaria altissima per via dell’invecchiamento della popolazione. Sono alcune delle sfide del prossimo decennio, cui guardare comunque, con fiducia e razionalità.

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  • Come tutelare i risparmi investiti in banca?

    Come tutelare i risparmi investiti in banca?

    Quali sono i motivi del crac della Banca Popolare di Bari?

    La Banca è stata commissariata per gravi perdite. Il problema principale è quello dei mancati rientri dei crediti. A partire già dal 2010 (in concomitanza con la crisi internazionale che già dal 2008 si era diffusa a livello mondiale) la banca ha avuto difficoltà, sempre crescenti, ad incassare i crediti, cioè soldi prestati, in particolare per operazioni e finanziamenti aziendali.

    Anche l’acquisto di altri sportelli di istituti di credito assorbiti in tutta Italia (tra cui quelli di Tercas, una banca abruzzese), ha acuito questa patologia relativa a denaro prestato e mai rientrato.

    Lentamente e inesorabilmente questi crediti (ammontavano già a diverse decine di milioni nel 2016) sono diventati “crediti in sofferenza” e poi “crediti inesigibili”. Avere il 10% o il 15% di crediti che non si possono incassare, significa, di fatto, la necessità di ricapitalizzare (coprire il “buco”) perché in assenza di ciò (come accaduto per l’istituto pugliese), viene messa in discussione la stessa capacità della banca di procedere nella normale operatività, oltre a certificare perdite enormi sulla percentuale totale del patrimonio.

    In sintesi, davanti al persistere di questa situazione, la Banca d’Italia ha preferito commissariare la Banca, cioè sciogliere gli organi e intervenire direttamente nella gestione. Va detto che, da diversi anni, la stessa Banca d’Italia, con periodiche ispezioni, aveva contestato la “leggerezza” di alcuni prestiti, erogati senza le necessarie garanzie e criteri prudenziali.

    Come mettere in sicurezza i risparmi dal fallimento di una Banca?

    Prima di tutto è opportuno scegliersi banche “solide”. Ci sono diversi indicatori (tra cui il Cet1, che è pubblico) che si possono analizzare. In sostanza, le banche che producono utili, che hanno patrimoni percentualmente molto superiori rispetto ai crediti in sofferenza, difficilmente potranno andare in difficoltà nel breve periodo.

    Poi è corretto non lasciare troppi soldi sui conti correnti, meglio diversificare (restando quanto più possibile sotto i 100.000 euro sul conto). Infine, evitare un errore che gli italiani commettono ciclicamente: NON bisogna investire o depositare i propri risparmi comprando titoli (obbligazioni e azioni) della banca stessa, come nel caso di Pop.Bari) e di singole aziende, se non per cifre ragionevolmente contenute. I singoli titoli hanno un rischio specifico altissimo.

    Cosa fare nel caso di crac bancario?

    Premesso che un caso clamoroso come quello della Popolare di Bari non è probabile e soprattutto è la concatenazione di anni di difficoltà, come detto in precedenza, bisogna attuare comportamenti intelligenti quando la situazione non è precipitata. “Chiudere la stalla quando i buoi sono scappati” non è una soluzione.

    Se si sono attuati atteggiamenti corretti (NIENTE acquisto di titoli diretti e lasciare sul conto corrente cifre inferiori ai 100.000 euro) il sistema prevede già una serie di meccanismi che mettono al sicuro il risparmio. Magari è opportuno avere più conti in diversi istituti per poter sopperire a qualche disagio di natura operativa (esempio, limiti di prelievi giornalieri).

    Il sistema bancario italiano è solido? Chi deve controllare il sistema?

    Checché se ne dica (spesso i media fanno del catastrofismo gratuito) il sistema finanziario italiano ed europeo è solido, come solido è il sistema bancario italiano. La crisi del 2008-2011 ha provocato molti scossoni, soprattutto perché decine di aziende non sono state in grado di onorare i debiti.

    Inoltre, gli sviluppi tecnologici hanno abbattuto gli utili delle banche, che però si stanno rapidamente ristrutturando (taglio di sportelli e investimento in servizi on line e pagamenti tecnologici).

    Insomma, le nuove direttive sul credito (si presta di meno e con più garanzie), i nuovi piani industriali e le ricapitalizzazioni del periodo 2012-2019, hanno stabilizzato il sistema patrimoniale e la redditività delle banche italiane.

    Per tutto ciò, si può guardare con fiducia al futuro. Certo, molti istituti bancari di dimensioni inferiori dovranno essere aggregati o fondersi con gruppi maggiori. Ma non c’è un pericolo effettivo per i risparmi. Ricordiamo però che le banche sono, ormai, aziende come tutte e le altre e oggi più che in passato, bisogna tenerne conto e non eccedere in acquisti diretti di azioni e obbligazioni bancarie (come purtroppo accaduto a molti dei soci delle Popolari saltate in questi anni) e scegliersi partner affidabili.

    Con questi accorgimenti si può dormire più tranquilli, anche perché il lavoro di controllo di Bankitalia e Unione europea è estremamente ramificato, ed in continuo perfezionamento, proprio per le pressioni politiche e dell’opinione pubblica verso il controllo del sistema, a seguito degli “infortuni” di questo decennio.

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  • Quale sarà l’investimento più redditizio nel 2020?

    Quale sarà l’investimento più redditizio nel 2020?

    Qual è il miglior investimento attuale?

    “Quale è il miglior investimento attuale?” – Una domanda che mi viene spessissimo rivolta, come è ovvio, nell’ambito della mia attività professionale.

    Chi ha del denaro in surplus rispetto alle esigenze di breve (disponibilità di conto corrente) ha il desiderio, spesso anche l’esigenza, (latente o palese) di collocare quel denaro per difendere, quanto meno, il suo potere di acquisto dall’inflazione.

    Mi spiego con un esempio. Se una famiglia ha 50.000 euro sul conto, e vive serenamente con le entrate mensili (stipendi, affitti ecc), al netto di rare emergenze, probabilmente non userà quei 50.000 euro per diversi anni (fino ad acquisti o eventi programmati: auto, matrimoni, traslochi ecc.)

    Bene, se quella famiglia non utilizza i 50.000 euro per 10 anni, e li lascia sul conto corrente, dopo 10 anni avrà ancora 50.000 euro, ma con un dettaglio da sottolineare: se oggi con 50.000 euro compro una berlina di lusso, tra 10 anni la stessa berlina costerà 55000 o 60000 euro, a seconda dell’inflazione (insita nello stesso meccanismo di crescita economica).

    In sostanza, il denaro della famiglia, ha perso, appunto, potere di acquisto, impoverendo implicitamente la famiglia stessa.

    Come investire i soldi senza rischi?

    Alla luce di ciò, per chi può pianificare (cioè spostare il consumo di denaro verso periodi futuri), diventa essenziale valutare dove e come investire: ma qual è oggi un investimento senza rischi? Dove investire nel 2020?

    Una questione complessa. Gli italiani sono stati abituati, per decenni, a rendimenti “garantiti”: depositi bancari fino al 2% annuo, titoli di stato ed obbligazioni “sicure” (aziende bancarie o para statali tipo Enel, Eni, ecc., che rendevano fino a pochi anni fa anche il 4% o 5% annuo lordo). Oggi, i rendimenti di questi strumenti finanziari, fino a durate di 5 anni, sono molto vicini allo 0 e contestualmente sono aumentati i carichi fiscali (bolli, tassazione interessi, costi di tenuta ecc.).

    Questione rendimenti: come sa bene chi ha un mutuo a tasso variabile o ha dovuto rinnovare titoli di stato e depositi postali scaduti, oggi i tassi sono a livelli da minimi storici. Addirittura molti titoli di stato, hanno rendimenti NEGATIVI. Un concetto quasi surreale. Ciò significa che “prestare” dei soldi ad alcuni stati o enti molto “affidabili”, non comporta un interesse, ma un costo, un prezzo da pagare per quella sicurezza. Personalmente, ritengo l’investimento obbligazionario e in titoli di stato, quanto mai sconveniente alla luce di questa situazione congiunturale.

    C’è poi le possibilità di investire nel mercato reale (azioni e altri titoli rappresentativi del capitale delle aziende). Ma come è noto, si tratta di mercati volatili e adatti ad investimenti di lungo termine o a profili di propensione al rischio elevata.

    Quindi, che fare? Come investire i soldi (possibilmente) senza rischi e con guadagni prospettici?

    Dove investire i soldi nel 2020?

    Ci sono due atteggiamenti vincenti, da utilizzare per non “sbagliare” investimento, a partire fin dal 2020. Il primo, più importante è quello di DIVERSIFICARE. Investire in fondi comuni, quindi in migliaia di titoli, dove poter inserire ANCHE titoli azionari. Avendo diversificato in migliaia di tioli, il rischio specifico(ineliminabile) che la singola azienda abbia problemi, inciderebbe in maniera quasi insignificante sul patrimonio complessivo del fondo.

    Ovviamente è un tipo di investimento da pianificare con l’assistenza di un professionista o di un ente finanziario/gestore esperto. La diversificazione permette anche di investire in molteplici settori (un fondo può detenere contemporaneamente un titolo Apple, cioè informatica, uno Prada, cioè lusso, uno Ferrari, cioè industria, uno Bp, cioè energia). Soprattutto, oggi è essenziale diversificare a livello geografico: quando parlo con i risparmiatori italiani, mi rendo conto di come vivano un pessimismo assoluto nei confronti del sistema Italia.

    Ma si può serenamente investire, con strumenti alla portata di tutti, in economie avanzate o emergenti (dalla Germania all’India, dalla Cina all’Estonia, per fare degli esempi) con tassi di crescita attesi e pressoché certi (la Cina ha una crescita attesa del 5.2% nel 2020, per dirne una). La diversificazione permette anche di poter affrontare le emergenze. Avere diviso la torta in tante fette, permette di poter più serenamente scegliere quale fetta sacrificare di fronte ad una esigenza di liquidità in anticipo.

    Secondo suggerimento: entrare in maniera frazionata. Il denaro investito deve essere guidato da una attenta pianificazione che permetta di poter “spalmare” le entrate nel tempo. Perché? Come dicevo in precedenza, sia i mercati azionari, come sempre, sia i mercati obbligazionari vivono attualmente una fase di volatilità attesa molto alta.

    Significa che i prezzi dei titoli potrebbero avere oscillazioni violente (che spaventano giustamente gli investitori). Si deve costruire una strategia di investimento tale da poter tenere liquidità pronta per quei momenti di ribasso che, nel se ben affrontati, diventano momenti di opportunità (cioè acquisto a prezzi da saldo e accorciamento dei tempi di attesa per massimizzare i profitti). Il piano di accumulo capitale è una forma di investimento, utilizzata da diverse aziende del settore, che ben asseconda questa strategia.

    Serve ancora depositare i risparmi in banca o alla posta?

    In tutto questo, con un panorama di tassi a 0 in Europa, ha senso depositare presso Banca o Poste? Le banche (purché sicure, soprattutto per chi ha più di 100.000 euro) e le poste restano sicuramente affidabili per depositare il denaro che serve o può servire a breve termine (consumi quotidiani e spese programmate a 2/3 anni). Sapendo che quei depositi non frutteranno nulla per almeno 5 anni.

    Chi afferma, “meglio lasciare i soldi sotto il mattone”, commette un errore evidente. Il sistema è solido ed affidabile. Resta però altrettanto necessario, per motivi socio economici (allungamento della vita media, necessità di far fruttare il risparmio accumulato) pensare a soluzioni alternative di medio lungo termine. Sempre con l’assistenza professionale, essenziale per muoversi in scenari in continuo mutamento.

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  • Consigli per risparmiare un po’ di soldi prima della pensione

    Consigli per risparmiare un po’ di soldi prima della pensione

    Come mettere da parte dei soldi per la pensione?

    Una considerazione importante. I giovani e tutti coloro che sono entrati nel mondo del lavoro DOPO il 1994, avranno pensioni pubbliche inferiori rispetto alle precedenti generazioni.

    Per fornire alcuni dati esemplificativi: se i nostri nonni e genitori potevano ambire, mediamente, a pensioni pari al 70/80% delle ultime retribuzioni medie, per le generazioni nate dal 1970 in poi, questo dato si abbassa al 60/55% con punte del 45/50% per alcune categorie, in particolare gli autonomi (e in futuro sarà sempre peggio, per motivi di natura demografica abbastanza noti).

    Un bel problema, a cui si può ovviare con la previdenza integrativa. Ecco perché è diventato essenziale veicolare il proprio risparmio verso obiettivi di lungo termine.

    Fondo pensione: cos’è e come funziona?

    Il rischio di dover vivere con redditi dimezzati, arrivati alla soglia dei 70 anni, non è certo un bel viatico, per i lavoratori di oggi. Ci sono diversi fondi pensione, sia di categoria (gestiti da aziende, sindacati, casse previdenziali) che “aperti” cioè gestiti da banche ed assicurazioni nell’ambito della loro offerta.

    Io suggerisco fortemente, per chi ha una buona capacità di risparmio annuo, di contattare un buon consulente e pensarci su. Come dicevo ad inizio articolo, l’opportunità di risparmio ed investimento, si coniuga con incentivi fiscali. Infatti i fondi pensione danno diritto alla DEDUCIBILITA’ completa (fino ad una cifra di poco superiore ai 5000 euro) dei premi versati.

    Chiariamo con un esempio. Un professionista che avrà fatturato, al 31-12-2019, 30.000 euro, se ne versa 4000 al proprio fondo pensione, può “de calcolare” queste cifre dal proprio fatturato, così da ridurre a 26.000 il reddito imponibile.

    Una semplificazione abbastanza rapida da fare, può portare al seguente calcolo: per chi ha tassazione Irpef al 35%, investire 2.000 euro attraverso il versamento in un fondo pensione, comporta un immediato ritorno di quei 2.000 euro (circa 800 euro di imponibile fiscale in meno).

    Una bella somma, con la contemporanea creazione del “gruzzoletto” per l’età pensionabile; va specificato infatti, che solo al momento del pensionamento si può riscattare il cumulo dei premi versati.

    Resta dunque una evidente opportunità per mettere da parte con intelligenza e con il contributo dello Stato, di solito molto “avaro” quando si parla di fisco.

    Come scegliere un fondo pensione?

    Intanto, come ogni operazione di natura finanziaria e di investimento, suggerisco di evitare il “fai da te” e di rivolgersi a professionisti ed istituti preparati, e sul campo da tempo. Le mode, i maghi che spopolano sui social e le “leggende metropolitane” lette su qualche sito, meglio prenderle con le proverbiali “pinze”.

    Un fondo pensione, infatti, prevede anche dei rischi, come tutti gli investimenti di lungo termine. Come scrivo anche nel mio libro, (“I pilastri della ricchezza”) prima di tutto bisogna saper pianificare, cioè avere le idee molto chiare su dati come risparmio necessario, obiettivi di vita, quadro normativo, orizzonte temporale.

    Quindi è necessario il supporto di un professionista. Poi, come tutti gli investimenti finanziari, è importante che ci sia anche la più ampia diversificazione, cosa che, generalmente, il fondo comune di investimento garantisce. Comunque suggerisco di valutare quanto ampio e diversificato (in termini di titoli) è il fondo.

    Alcuni fondi pensione chiusi, infatti, rischiano di concentrare gli investimenti in un numero ristretto di titoli o beni. Nel caso poi della previdenza complementare per i più giovani, con 20 o 30 anni, un altro suggerimento, è quello di puntare sull’economia reale, cioè su una fetta di investimenti in titoli azionari. Una buona strategia, in tal senso, potrebbe essere quella di intestare il fondo pensione già a figli o nipoti, godendo dei benefici fiscali e accantonando con intelligenza per il loro futuro, con 20 o 30 anni di contribuzione da ipotizzare.

    Quali sono i rischi di un fondo di previdenza complementare?

    Nel mio libro, “I pilastri della ricchezza” aggiungo anche un altro consiglio che può tornare utile, quello di considerare il “perché” di un investimento, prima del “cosa”. Intendo dire che prima di tutto, bisogna avere la consapevolezza dell’importanza di pensare alla propria previdenza. Solo davanti a questa certezza, si potrà costruire un piano pensionistico, che per i più giovani è un lungo e impegnativo percorso. Ciò garantirà di tenere fede all’impegno assunto, anche in quei momenti in cui ci potrebbe essere la tentazione, di spendere il denaro in surplus (penso ad un viaggio, un regalo lussuoso ecc.).

    Davanti ad una forte motivazione, a quel concetto che io sintetizzo con “dare un nome ai soldi”, il risparmio intelligente diventa più facile da perseguire.

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